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Il Reale Rischio Congenito di CAD. Lezione N° 6. Dispositivi Endoarteriolari di Blocco.

Particolare attenzione merita la microangiologia clinica semeiotico-biofisico-quantistica dei Dispositivi Endoarteriolari di Blocco (DEB), strutture microcircolatorie deputate alla regolazione del rifornimento di materia-energia-informazione al relativo parenchima.

I DEB sono diffusi in tutti i sistemi biologici (in realtà, solo i DEB tipo II sono ubiquitari), svolgendo un ruolo di primaria importanza appunto nella regolazione della locale flow-motion, come dimostra il fatto che la loro compromissione, magari principalmente funzionale, “geneticamente” orientata, per esempio,  nel Reale Rischio Congenito di CAD, ostacola l’attuazione della fisiologica Riserva Funzionale Microcircolatoria,  che svolge un ruolo centrale nel rischio di patologie che si manifestano clinicamente magari dopo anni o decenni, come mi consente di affermare una sicura e lunga esperienza clinica con questa originale semeiotica fisica.

Questi eventi microcircolatori hanno permesso di spiegare, per la prima volta clinicamente, il legame tra fattore genetico e fenotipo (Stagnaro Sergio. Biological System Functional Modification parallels Gene Mutation. www.Nature.com, March 13, 2008,http://blogs.nature.com/nm/spoonful/2008/03/gout_gene.html).

Fatto di estrema importanza dal punto di vista sia della diagnosi clinica sia della prevenzione primaria, è la comparsa del tipo I dei DEB neoformati-patologici in sistemi biologici fisiologicamente privi  dei DEB di tipo I, è l’espressione del reale rischio congenito delle varie patologie umane: CAD, diabete mellito, tumore,   etc. (V. Avanti).

Infatti, lo studio clinico dei dispositivi endoarteriolari di blocco ha reso possibile la valutazione e la quantificazione degli errori genetici nei vari sistemi biologici, permettendo al medico di riconoscere i soggetti a reale rischio congenito delle più frequenti e pericolose patologie umane e di diagnosticare le differenti costituzioni semeiotico-biofisico-quantistiche (V. Sito http://www.semeioticabiofisica.it).

Per questi motivi, ormai illustrati nei dettagli dal punto di vista clinico semeiotico-biofisico-quantistico, bisogna attribuire alla presenza patologica del tipo I dei DEB, che hanno sede nelle piccole arterie, e alla descrizione dell’anatomia e della funzione di queste strutture microcircolatorie, al momento sconosciute alla maggioranza dei medici, un valore essenziale per comprendere l’importanza dello studio della Microangiologia Clinica, specialmente da parte dei medici di medicina generale.

I dispositivi endoarteriolari di blocco di tipo I, strutture di differente morfologia, derivate dalla media  arteriolare, si trovano in un solo punto della parete vascolare con due o più strati di cellule muscolari lisce (arteriose, appunto) e sono aggettanti nel lume in forme diverse: cuscinetti a larga base d’impianto, formazioni allungate o polipoidi, generalmente peduncolate.  I DEB tipo I sono localizzati nelle piccole arterie con media formata da due o più strati di cellule muscolari lisce, cioè a monte delle “arteriole”, secondo Hammersen, dove si trovano i DEB tipo II, in uno soltanto dei due microvasi in cui si divide dicotomicamente la piccola arteria.

La contrazione e la decontrazione di questi dispositivi  di blocco,  dinamiche  in sintonia con quelle arteriolari ma  di cui sono più intense per la maggiore ricchezza di cellule muscolari nei confronti della media arteriolare, permettono una precisa ed adeguata regolazione del flusso microcircolatorio distrettuale, diretto alle arteriole ed ai capillari nutrizionali, come consente di affermare la Semeiotica Biofisica Quantistica. Pertanto, dal punto di vista funzionale, i DEB possono essere considerati AVA, anastomosi artero-venose.

Le cellule muscolari dei DEB, ben differenziate ed immerse in un ambiente di glucosaminoglicani, solforati e a-solforati, come l’acido Jaluronico, e fibrille collagene disposte in senso circolare all’esterno verso il lume e spiraliformi  all’interno, sono contenute dentro lo sdoppiamento della lamina elastica interna, ricoperta da endotelio.

La motilità dei DEB dipende dalla loro struttura e dal rapporto free water/bound water legata ai GAG, analogamente a quanto avviene nella motilità arteriolare.

A differenza di altre strutture anastomotiche, come le AVA tipo II, gruppo A e B, secondo Bucciante, i DEB, che – come scritto sopra – dal punto di vista funzionale devono essere considerati come AVA, sono ampiamente rappresentati e diffusi in quasi tutti i sistemi biologici, particolarmente il tipo I.

Ne consegue che in moltissimi tessuti, per esempio il miocardio e il tessuto adiposo della mammella, la regolazione del flusso sanguigno diretto alle reti capillari è affidata esclusivamente ai DEB, definiti da Bucciante “architetture intimali contrattili”. Essi corrispondono ai “cuscinetti endoarteriosi”, cioè le “Polsterarterien” di Bucher, o al tipo I dei dispositivi di blocco endoarteriolari di Curri.

I DEB possono essere isolati o contrapposti, in modo più o meno esatto, nella parete arteriolare, dove svolgono intensa azione occludente il microvaso. Talvolta, sono presenti in numero maggiore nella stessa arteriola, in forma di “cuscinetti”, che sporgono nel lume riducendone il calibro.

Anche se la forma dei DEB è differente, la struttura è costante con un funzionamento di chiusura del lume arterioso quando i DEB sono rilasciati, decontratti, e di apertura fisiologica allorché le cellule muscolari lisce si contraggono, il che avviene ciclicamente, come corrobora la Semeiotica Biofisica Quantistica.

Per motivi di chiarezza ermeneutica dico innanzitutto che l’apertura delle AVA tipo I e II, gruppo A e B, provoca deviazione del sangue verso le vene, sottraendolo al flusso attraverso i capillari nutrizionali. Invece, quando gli stessi termini sono riferiti ai DEB, indicano che contrazione o apertura favorisce la flow-motion. Poiché considero insieme l’attività di queste strutture derivative, in quanto devono essere consoderate tutte come AVA, dal punto di vista funzionale, il termine apertura deve essere inteso come dilatazione, causa di deviazione del sangue verso i shunts locali a seguito dell’occlusione del microvaso. In realtà, in questo caso, i DEB sono occludenti.

Ne consegue che il termine apertura, quando applicato alle AVA in generale, indica la chiusura, occlusione operata pure dai DEB decontratti, a cui fa seguito il fenomeno della centralizzazione del flusso microcircolatorio locale, causa di locale acidosi.

Dal punto di vista microangiologico-clinico la contrazione dei DEB è rivelata dalla presenza del riflesso ureterale medio (tipo I, NN = 20 sec. di durata a riposo) durante stimolazione medio-intensa di determinati trigger-points: comtemporaneamente valutata, l’ossigenazione istangica appare ai limiti superiori della norma, nel fine gioco delle oscillazioni fisiologiche del pH tessutale causato dalla disomogeneità temporale.

La valutazione dell’ossigenazione tessutale è resa possibile, per esempio, dalla quantificazione del tempo di latenza (tl) del riflesso gastrico aspecifico e/o ciecale.

Quando i miociti del cuscinetto sono rilassati, cioè a dire completamente decontratti, il loro volume aumenta in modo consistente, occupando una porzione più o meno rilevante del lume, con conseguente ostacolo meccanico al flusso ematico microcircolatorio distale.

Il meccanismo di chiusura del lume arteriolare potrebbe essere differente nel caso che la architettura intimale fosse disposta circolarmente nelle parete arteriolare, provvista di fibre disposte circolarmente all’esterno e longitudinalmente all’interno. Non solo, in caso di DEB peduncolati, se lo shear stress è valido, tra parete arteriolare e DEB disteso nel senso della corrente ematica esiste uno spazio per il fluire del sangue, nonostante l’aumento volumetrico del DEB stesso.

Importante è il fatto che i DEB sono ubiquitari e che, come tutti i microvasi, vanno incontro a processi di involuzione senile fisiologica e subiscono delle modificazioni patologiche nelle varie istangiopatie: dissociazione dei fasci di fibre muscolari (edema interstiziale, imbibizione plasmatica), miocitolisi, iperplasia e ipertrofia del sarcolemma con dissociazione miofibrillare, connettivizazione e fibrosclerosi completa con retrazione del dispositivo.

Inoltre, fatto di fondamentale importanza per la Microangiologia Clinica, le alterazioni funzionali dei DEB sono frequentissime e precoci nel corso di malattie di varia natura e in particolare nelle più gravi patologie umane, a partire dallo stadio iniziale, come diremo  in seguito.

Si tratta di un aspetto fondamentale nella patogenesi delle malattie umane più frequenti e pericolose, mai trattato prima dal punto di vista clinico, che sarà ampiamente affrontato e discusso ai fini della prevenzione primaria. Noi attribuiamo alla iniziale disfunzione dei DEB il ruolo principale nell’insorgenza e progressione dello stato pre-morboso, come diremo nel relativo articolo.

Dal punto di vista semeiotico-biofisico queste alterazioni, assai precoci nel confronto di quelle di altre strutture microcircolatorie, possono essere funzionali, reversibili, o strutturali, quasi sempre irreversibili. Sulla base di sicuri dati istologici, la reattività e la modalità di risposta dei dispositivi endoarteriosi di blocco di fronte alle numerose cause patogene, sono caratterizzate da una certa monotonia ed uniformità delle lesioni di tutta la parete.

La Semeiotica Biofisica Quantistica consente lo studio del modo di essere funzionale e strutturale dei DEB, tipo I (= stimolazione lieve-media dei trigger-points) e tipo II (= stimolazione medio-intensa), in qualsiasi loro localizzazione. Le alterazioni dei DEB, molto precoci, come più volte ricordato, causano modificazioni emodinamiche a livello capillare e venulare post-capillare, cioè quella condizione che Curri definisce “insufficienza dei dispositivi di blocco”.

Inoltre, ricordo che  la comparsa di DEB tipo I, neoformati-patologici, in sedi normalmente privi, è l’espressione del “Reale Rischio Congenito: per esempio, si osservano DEB tipo I  neoformati-patologici di coronarie  sedi di Reale Rischio Congenito di CAD.

In realtà, molto più frequente in clinica è l’insufficienza funzionale dei DEB, presente ab initio in tutte le malattie, acute e croniche, queste ultime precedute, per anni o decenni (zona grigiai), dalle alterzioni dei DEB,  descritte di seguito.

La valutazione semeiotico-biofisico-quantistica dei DEB, in condizioni fisiologiche e patologiche, si realizza mediante stimolo di “media” intensità (pizzicotto cutaneo o pressione digitale, indirettamente o, rispettivamente, direttamente), applicato direttamente (polpastrello digitale, mammella, tessuto adiposo addominale, ecc.) e, molto più frequentemente, in modo indiretto mediante pizzicotto cutaneo prolungato dei trigger-points del corrispondente dermatomero (mie lavori: Bibliografia in www.semeioticabiofisica.it).

Nel sano, dopo un tempo di latenza  di 3 sec., il terzo medio  ureterale si dilata con una intensità ³ 1,5 cm.£ 2 cm., per la durata di 20 sec. esatti  DEB tipo I) oppure di 7 se. (DEB tipo II) e con un riflesso residuo di appena 0,5 cm. (= interstizio).

Dopo ulteriori 6 sec.- tempo della scomparsa del riflesso o della chiusura dei DEB – dalla cessazione del riflesso si osserva l’inizio del ciclo successivo. In realtà, subito dopo l’applicazione dello stimolo sui relativi trigger-points compare un riflesso medio ureterale < 1 cm. (= interstizio), seguito dopo 2 sec. dal riflesso appena descritto.

A questo punto anticipiamo la importanza diagnostica della veloce realizzazione del primo riflesso ureterale (= interstizio): un riflesso instauratosi rapidamente è  espressione di locali condizioni fisiologiche dei DEB.

INDIVIDUO   SANO.

DEB I tipo :  Apertura – Durata 20 sec., Intensità ³ 1,5 cm.£ 2 cm. Þ  Chiusura  6 sec. (ripet. ciclo)

La valutazione “dinamica” dei parametri di questo riflesso (riflesso ureterale medio) è assai ricca di informazione: durante stress tests e la manovra di Valsalva, sono quantizzati i vari parametri, che vengono confrontati con i rispetivi valori di base.

Nel sano osserviamo: tl 3 sec., I ³ 2 cm., D > 22 sec., riflesso residuo 0,5 cm.e tempo della chiusura o scomparsa del riflesso 3-4 sec. Contemporaneamente, il riflesso ciecale, provocato subito dopo con “intensa” stimolazione degli stessi trigger-points, mostra un tl aumentato significativamente, espressione di un netto incremento dell’ O2 tessutale. Questi dati indicano chiaramente che la flow-motion aumenta (apertura “reale” dei DEB) in modo netto per rifornire i tessuti della quantità necessaria di materia-informazione-energia.

In riferimento a quanto scritto prima, a proposito del funzionamento attuale delle anastomosi arterio-venulari, considerando che contemporaneamente le AVA tipo I e II (dove sono presenti) partecipano alla regolazione del flusso microcircolatorio, in questa condizione parliamo di chiusura delle AVA anche se, in realtà, i DEB sono aperti ben oltre i valori fisiologici di apertura.

Infine, una valutazione dei DEB, ricca di informazione, è rappresentata dal precondizionamento di queste strutture microvasali.

Nelle patologie acute la modificazione funzionale dei DEB è presente a partire dal primo stadio, clinicamente asintomatico. Per esempio, nella comune influenza, quando ancora è assente la SISRI “incompleta”, l’incrementata funzione dei DEB è evidenziabile chiaramente:  tl 3 sec. (durante il quale si attua il riflesso ureterale medio interstiziale < 1 cm.), I >1,5 , D > 20 sec., riflesso residuo > 0,5 cm., tempo di scomparsa < 6 sec. e precondizionamento ancora fisiologico.

Contemporaneamente è presente il tipico diagramma “influenzale” della unità microvascolotessutale del polpastrello digitale, in assenza di altri segni.

E’ possibile, pertanto, prevedere l’episodio morboso influenzale con ore di anticipo, il che ha favorevoli conseguenze in caso di comparsa di febbre, vomito, vertigine, diarrea, non solo per il malato ma anche per il curante.

La precocità e la sensibilità della disfunzione dei DEB sono tanto ricche di significato clinico da permettere di escludere, quando i parametri del riflesso ureterale medio sono nella norma, una qualsiasi patologia dell’organo studiato.

Và aggiunto che, se queste interessanti strutture microcircolatorie sono bene funzionanti anche durante le prove dinamiche, si può escludere il “rischio reale” di future patologie, croniche o tumorali, in quello specifico sistema biologico, naturalmente se le condizioni “dietetiche” ed ambientali restano immutate.

In base a quanto sopra riferito, merita una profonda discussione il fondamentale ruolo svolto dai DEB nella prevenzione primaria di patologie croniche, come il diabete mellito, artrosi, connettiviti varie, dislipidemie, gotta (trigger-point l’elice), glaucoma, tumori maligni (V. Terreno Oncologico nel sito), ecc, oltre a quello,  già detto, nella diagnostica  bed-side.

Infatti, le informazioni acquisite con la valutazione dei cinque parametri del riflesso ureterale medio sono in perfetto accordo con altri dati, che tuttavia sono presenti in un tempo anche di molto successivo, relativi alla vasomotility, vasomotion, RFM, pH tessutale, funzionamento delle AVA tipo I e II, gruppo A e B, O2 istangico e i parametri del precondizionamento semeiotico-biofisico.

E’ da tenere sempre presente, però, che la disfunzione dei DEB, facilmente evidenziabile, magari con le prove dinamiche, inizia assai precocemente, precedendo di anni e decenni le patologie croniche, come glaucoma, diabete mellito (4), emopatie ecc.

Questi fatti, osservati in una ormai lunga esperienza al letto del malato, rendono ragione della importanza patogenetica, da noi attribuita alla disfunzione dei DEB, e della mia previsione di una futura branca della Microangiologia Clinica che studierà queste strutture microcircolatorie dal punto di vista anatomo-funzionale.

A questo punto, ci dobbiamo chiedere quale sia il ruolo patogenetico (se veramente esiste) eventualmente svolto dalla disfunzione dei DEB. Detto altrimenti, il funzionamento imperfetto, iniziale e reversibile, in un primo tempo almeno, di queste strutture, osservabile quando la vasomotility e la vasomotion relative a riposo sono normali, verosimilmente recita un ruolo patogenetico  di primo piano nell’insorgenza delle comuni malattie croniche, le cui molteplici noxe agiscono anche mediante le alterazioni, prima funzionali e, poi, strutturali, dei DEB, causa a loro volta della “microcirculatory maldistribution”, secondo Curri.

Riferisco un esempio paradigmatico che esprime chiaramente e concretamente la valenza astratta del concetto: le coronarie di un individuo, figlio di madre coronaropatica, al momento apparentemente sano e con esami perfettamente ancora normali, presenta segni semeiotico-biofisico-quantistici di compromissione funzionale dei DEB coronarici già a riposo.

Infatti, la pressione digitale medio-intensa e prolungata, applicata sui relativi trigger-points precordiali dopo tl di 3 sec. provoca il riflesso ureterale medio di < 1,5 cm., che dura < 20 sec. (NN = 20 sec.)ed è seguito da un riflesso residuo di > 0,5 cm. e da un tempo di scomparsa maggiore di  6 sec.  Nella  pratica quotidiana si può valutare la sola durata di apertura dei DEB, in genere inversamente correlata con il valore del precedente parametro.

La disfunzione, così accertata, è resa ancora più evidente dalle prove da sforzo, o dinamiche, cioè il test di secrezione del picco acuto di insulina, adiponectina, melatonina, lo stress test o la manovra di Restano (il soggetto da esaminare chiude i pugni e per soli 5 sec. non respira: test del pugile più test della apnea), cioè ipertono simpatico.

Molto utile per la ricchezza di informazioni è il preconsizionamento semeiotico-biofisico-quantistico  e specialmente la raffinata valutazione dell’attività del glicocalice.

Quanto appena scritto ha ormai dimostrato il suo valore diagnostico in caso di silenziosa e quindi pericolosa cardiopatia ischemica, magari asintomatica per lunghi periodi di tempo.

Utilissima è l’applicazione della valutazione clinica dei DEB coronarici, che svolge un ruolo di primo piano nella prevenzione e, naturalmente, dalla diagnosi della cardiopatia ischemica anche se silente.

Nel sano, la pressione della mano, di media intensità, esercitata sopra la proiezione cutanea dei due ventricoli, causa il riflesso ureterale medio, che fisiologicamente mostra valori parametrici, ormai noti al lettore, cioè tl 3 sec., I  ³ 1,5 cm., D 20 sec. esatti, riflesso residuo praticamente assente e tempo di scomparsa 6 sec.

Al contrario, in presenza di reale rischio congenito coronarico” – questo vale anche per tutti gli altri sistemi biologici a rischio reale – i parametri del riflesso, relativo ai DEB, sono alterati più o meno seriamente, con intensità e durata inversamente correlati alla gravità del rischio. Inoltre, è sempre presente il riflesso residuo, anche se lieve, mentre il tempo di scomparsa è > 6 sec.

A questo punto è opportuno segnalare che nelle fasi iniziali della alterazione “funzionale” dei DEB, la vasomotility appare incrementata, anche se lievemente (a riposo, AL + PL = 7 sec. versus 6 sec.) al fine di mantenere la vasomotion in valori normali:  nella vasomotion, AL + PL durano 6 sec. all’inizio, per scendere dopo anni o decenni, a 5 sec., mentre la vasomotility si accentua ulteriormente e si realizza il quadro della attivazione microcircolatoria tipo II o III, con differente grado di  dissociazione.

In queste condizioni, in cui il microcircolo è in qualche modo attivato, l’O2 tessutale, valutato di base come tl del riflesso gastrico aspecifico, è ancora nei limiti normali, cosicché i dati del precondizionamento sono ancora fisiologici, ma ai bassi livelli della norma: nella ripetuta valutazione, a distanza di cinque secondi l’una dall’altra, dei parametri del riflesso il miglioramento risulta statisticamente non significativo oppure è nullo.

In altre parole, come riferito in una precedente Lezione, si tratta di una “variante” della attivazione microcircolatoria  patologica, parzialmente dissociata, di tipo II, in cui le condizioni di rifornimento di energia-materia-informazione sono ai limiti inferiori della norma a riposo, poichè la vasomotility è attivata per contrastare la prolungata, patologica ancorché parziale, diminuzione del lume  arteriolare operata specialmente dalla disfunzione dei DEB.

Tuttavia, siamo in presenza di una situazione senza dubbio alcuno non propriamente fisiologica, da eliminare tempestivamente, al più presto, innanzitutto con la dieta, etimologicamente intesa, e, poi, con farmaci istagioprotettori, per esempio, Melatonina Coniugata, CellFood, applicazioni di Cem Tech, e acqua termale sulfidrilica (ES., l’acqua della sorgente La Puzzola,di Porretta Terme, Bologna), in grado di fare scomparire il Reale Rischio Congenito di CAD.

La durata di AL + PL nell’attivazione microcircolatoria tipo I, associata, è , per esempio, di 8 sec. sia nella vasomotility sia nella vasomotion, mentre i parametri dei DEB sono in relazione alla presente maggiore “chiusura, dilatazione”.

Nella “attivazione micocircolatoria”, presenti le alterzioni dei DEB,  si osserva con l’aggravarsi della situazione emodinamica locale che il parametro AL + PL della vasomotility mostra valori lentamente decrescenti: per esempio, da 8-9 sec. passa a 7-8 sec. per insufficienza iniziale della sfigmicità arteriolare, espressione di iniziale scompenso del “cuore periferico”; la sua insufficienza  diventa completa quando, a riposo, AL + PL della  vasomotility è di 5-6 sec. e quello della vasomotion presenta i valori più bassi osservati.

 

Direttamente correlato al tipo di attivazione è il comportamento dei noti parametri dei DEB: la durata della apertura si riduce DEB tipo I; (NN = 20 sec.) e quella della chiusura aumenta (NN = 6 sec.)  aggravandosi progressivamente. Con il venire meno della energia libera nelle cellule muscolari lisce dei DEB  appare sempre più compromessa la loro funzione: l’ostacolo al flusso ematico arteriolare aumenta e conseguentemente la sfigmicità, all’inizio, è accentuata per conservare una ancora fisiologica flow-motion capillare, ma successivamente e lentamente va verso lo scompenso, che caratterizza appunto la fase terminale del tipo II o scompenso del cuore periferico.

Prima di concludere è importante sottolineare che il “rimodellamento microcircolatorio”, caratterizzato dalla presenza dei DEB di tipo I, neoformati-patologici, può causare l’IMA soltanto se è localizzato nei vasa-vasorum delle arterie coronarie epicardiche, rimodellamento vaso-parietale, ma non se ha sede nel tessuto miocardio, rimodellamento parenchimale, che se interessa la regione apicale del Ventricolo sinistro rappresenta il substrato della cardiomiopatia di Tako Tsubo, come  riferito in precedente articolo: Sergio Stagnaro and Simone Caramel (2012) QBS bedside diagnosis of Tako Tsubo cardiomyopathy – 2012 in www.sisbq.org, Journal of Quantum Biophysical Semeiotica.

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Il Reale Rischio Congenito di CAD. Lezione N° IV. L’Unità Microvascolotessutale.

Il cervello umano ci ha permesso di tenere testa alla complessità dell’ambiente che ci circonda, consentendoci di condensare – in termini tecnici restringere le stringhe – le informazioni in entrata sottoforma di dati decisivi, necessari per le successive e vitali reazioni.

In seguito, attraverso la scienza, la più grande e meravigliosa avventura della umanità – “ La scienza è avventura di idee” (G. Bateson) –  e attraverso la scoperta di “leggi” di natura, l’uomo ha affrontato il suo ambiente in modo più consapevole. Ha così inizio il “riduzionismo” con la ricerca di elementi semplici, ottenuti con la scomposizione dei singoli sistemi nelle loro parti; nasce la “scienza occidentale”, fondata sul “pensiero verticale”, logico (De Bono E. Il pensiero laterale. Rizzoli, Milano, 1996).

Ben presto sorgono le prime difficoltà, fornite dai sistemi complessi, il cui comportamento nel tempo non può essere previsto e compreso a partire dalla conoscenza del comportamento dei singoli elementi che li costituiscono. Infatti, la loro “cooperazione” concede all’insieme proprietà estranee agli elementi semplici. Nasce, allora, la necessità dello studio di questa “cooperazione”, che è, appunto, la recente “sinergetica”, la quale indaga gli effetti cooperativi.

In realtà, vi sono principi generali che regolano il comportamento dei sistemi complessi, nonostante la diversità dei rispettivi elementi.

Innanzitutto, un sistema complesso è tale per la quantità di elementi: per esempio, il cervello è costituito da 100-, 1000-milioni di neuroni, tra i quali esistono moltissime connessioni. Lo studio di questa rete di connessioni richiede, ovviamente, una grande quantità di informazione. Ne consegue la necessità di condensare l’informazione contenuta in questi sistemi in modo da essere accolta nella mente umana, sia a livello di numero di elementi o livello microscopico, che di proprietà del sistema nel suo complesso o livello macroscopico.

Un esempio di sistema complesso, fondamentale nella Microangiologia Clinica, è l’istangio o meglio l’unità microvascolotessutale.

Possiamo affrontarne lo studio con un approccio operativo che ci consente di effettuare bed-side misurazioni, che, a loro volta, permettono di “modellizzare” il suo comportamento, secondo il modello mappa/territorio, tenendo sempre presente che la prima corrisponde al secondo, senza la pretesa di identificarsi mai con esso ma semplicemente permettendoci in qualche modo di conoscerlo.

Immaginiamo l’ideale unità microvascolare come rappresentata da piccoli vasi del calibro inferiore a 100 micron, le piccole arterie ed arteriole, sede dei Dispositivi di Blocco Endoarteriolari, rispettivamente di tipo I fisiologici e patologici, neoformati, tipici del Reale Rischio Congenito, e tipo II, i soli ubiquitari; dalle arteriole dicotomicamente originano le piccole arterie, che danno origine ai capillari  e poi alle venule post-capillari, da dove il sangue inizia il suo ritorno al cuore.

Pensiamo ad una vasta rappresentanza di diverse anastomosi colleganti il versante arterioso con quello venoso, attraversando i quali il sangue “cortocircuita” la rete dei capillari nutrizionali.

Tra queste strutture di regolazione del flusso, particolarmente attive nel sano durante il riposo funzionale del locale sistema biologico, troviamo anche  i canali preferenziali di Zweifach che sono raramente rappresentati nell’uomo e sono stati osservati, per es., nella congiuntiva.

Questi microvasi non sono sospesi nel nulla, ovviamente, ma indovati in una complessa struttura – la Matrice Interstiziale Amorfa – formata dalla sostanza fondamentale, da cellule connettivali, da glucosaminoglicani solforati e non, tra cui il primo attore è l’acido jaluronico, a cui si lega l’acqua, presente nell’interstizio in due forme, free- and bound water, ed infine da tutte le sostanze che attraversano nelle due direzioni lo spazio situato tra microvasi e relativo parenchima.

La sinergetica rende possibile lo studio della relazione che intercorre tra livello microscopico e macroscopico – implicito ed esplicito di Bohm – sulla base del principio di “auto-organizzazione”. Ciò è possibile a patto che, a livello macroscopico, il sistema complesso raggiunga dei cambiamenti di ordine qualitativo; pensiamo ai fluidi nelle cellule di Bénard ed al laser.

In termini tecnici, si definiscono “parametri d’ordine” gli osservabili macroscopici che descrivono il comportamento macroscopico del sistema e “principio di asservimento” il comportamento degli elementi microscopici, secondo il quale esso diventa determinato nel momento in cui si danno gli “osservabili macroscopici”.

Un esempio è offerto dal laser: l’emissione casuale di onde, sotto una determinata alimentazione di corrente, diventa coerente; superata questa, però, l’emissione và verso un comportamento caotico-deterministico.

 

La sinergetica, studia le proprietà dei sistemi “complessi”, senza tenere conto della natura degli elementi, costruendo profonde analogie fra il comportamento macroscopico dei sistemi complessi, anche se di natura completamente differente.

 

Per quanto riguarda l’istangio, il rifornimento – alimentazione – di energia, necessario a creare il sinergismo di comportamento degli elementi costituenti il sistema microvascolare, è rappresentato dalla stimolazione jatrogenetica, diretta o indiretta, dei numerosi trigger-points, che determina la coerenza del comportamento delle singole unità microvascolotessutali, cioè degli elementi di questo sistema biologico complesso, alla base della possibilità della sua valutazione clinica, come di seguito è illustrato.

Per la prima volta clinicamente, ho descritto – V. il mio sito – la valutazione della vasomotility, espressione della sfigmicità arteriolare e la vasomotion, sua estrinsecazione a livello di capillari e venule post-capillari.

 La vasomotility causa la vasomotion.

Infatti, nella mucosa del labbro inferiore e glande, nella cute della guancia ed in quella che copre la rotula, dove  manca la vasomotility, la vasomotion è assente.

Tuttavia, se si esercita su queste aree una ritmica pressione digitale compare immediatamente la vasomotion con identiche caratteristiche, altrove osservate, indipendentemente dal ritmo e dalla pressione stessa. In altre parole, la fluttuazione dei capillari e venule post-capillari è provocata dalla sfigmicità arteriolare, ma mostra un comportamento in qualche modo dipendente dalla locale struttura:  l’esperienza clinica ci permette di osservare prima la fluttuazione del riflesso ureterale superiore, vasomotility e poi l’oscillazione del riflesso ureterale inferiore  vasomotion.

Fisiologicamente, in tutti i tessuti, organi, ghiandole – con le eccezioni sopra ricordate – il comportamento della vasomotility e della vasomotion è di tipo caotico-deterministico. Naturalmente, i relativi tessuti, organi, ghiandole a livello macroscopico presentano un comportamento caotico-deterministico identico a quello delle variazioni dei diametri miicrovasali in condizioni fisiologiche, poichè le oscillazioni, o traiettorie, delle singole unità microvascolotessutali condizionano quelle macroscopiche dei relativi sistemi biologici.

Ne consegue che studiare le prime oscillazioni equivale a studiare le seconde.  Si tratta di un fatto di estrema importanza, teorica e pratica, in quanto consente al medico di valutare bed-side il modo di essere e di funzionare di sistemi biologici, come la prostata, tiroide, midollo osseo, cervello, surrene, ecc., che altrimenti sfuggirebbero all’indagine diretta.

Per valutare l’attività motoria microvascolare sono indispensabili i tre riflessi ureterali – superiore, medio, inferiore (V. Pagina Tecnica N° 5 nel sito) – che informano, rispettivamente, sulle piccole arterie ed arteriole, AVA tipo II, gruppo B (riflesso ureterale superiore, da stimolo lieve e rispettivamente intenso), sui dispositivi di blocco endoarteriolari, AVA tipo I e tipo II, gruppo A (riflesso ureterale medio, con stimolo lieve, medio e, rispettivamente, intenso), e,  infine, sui nutritional capillaries e venule post-capillari (rilfesso ureterale inferiore).

Per quanto riguarda la valutazione dell’interstizio, è indispensabile l’indagine del riflesso ureterale medio e le sue fluttuazioni durante pressione “lieve” sui vari trigger-points. A questo proposito, utili sono pure i riflessi coledocico, ciecale e gastrico aspecifico.

Infatti, è bene sapere che il riflesso ureterale “in toto”, il primo a comparire durante stimolo di lieve intensità, informa sullo stato funzionale e strutturale dell’interstizio e della sua matrice: fisiologicamente la intensità del riflesso è £ 1 cm. (variabile da tessuto a tessuto, anche e specialmente in rapporto alla situazione di riposo o di attività), interrotta la stimolazione il riflesso scompare in 1 sec., rapidamente. Analogamente alla vasomotility ed alla vasomotion, da cui deriva, il riflesso (= interstizio) oscilla nel sano in modo caotico deterministico.

In netto contrasto con le affermazioni assiomatiche e convenzionali sulla omeostasi, molti sistemi di controllo biologici e biochimici sono instabili e funzionano in modo oscillatorio.

Il nostro attuale scopo è quello di offrire al lettore una informazione, auspicabilmente esauriente, nei limiti della sua preparazione nella originale semeiotica fisica, sulla ricchezza di nuove idee che nascono dalla interazione tra scienze biologiche e teoria dei sistemi complessi. Inoltre, auspichiamo un futuro coinvolgimento del lettore nell’entusiasmo, bene giustificato e fondato, con cui sono seguiti questi sviluppi scientifici.

Come sopra riferito, fisiologicamente organi, ghiandole e tessuti, da una parte, e le rispettive unità microcircolatorie, dall’altra, oscillano in modo imprevedibile, impredicibile, solo apparentemente caotico, casuale, aleatorio o stocastico, con 6 cicli al minuto, mostrando un periodo oscillante tra 9 e 12 sec., media 10,5 sec., numero non intero ma frattale. Inoltre, l’intensità di queste oscillazioni, nel sano, è compresa tra 0,5 e 1,5 cm. (misure convenzionali).

Da un punto di vista termodinamico, queste instabilità sono conseguenza del fatto che i sistemi biologici sani sono  sistemi aperti, mantenuti, quindi, fisiologicamente in condizioni molto lontane dall’equilibrio mediante dissipazione di energia. Ne consegue che  i sistemi biologici si comportano come sistemi dinamici non-lineari, appunto dissipativi, le cui fluttuazioni in condizioni normali presentano un comportamento caotico-deterministico.

Detto altrimenti, queste oscillazioni o traiettorie sono solo apparentemente casuali, in quanto possono essere descritte con le formule matematiche proprie dei processi dinamici non-lineari, caratterizzati dal fatto che l’out-put (effetto) no è proporzionale all’in-put (causa).

La ragione, infatti, di questa apparente caoticità risiede nel fatto che noi non conosciamo e mai conosceremo con precisione tutte le condizioni iniziali dei sistemi dinamici non-lineari, fenomeno noto come sensibilità alle condizioni iniziali, secondo il quale due stati iniziali molto vicini ma non identici, dopo un tempo critico (T) mostrano una divergenza dieci volte maggiore.

In modo originale e soddisfacente noi abbiamo elaborato un numero, dimensione frattale (fD), ottenuto attraverso informazioni come il rapporto massime/minime oscillazioni (HS/minime fluttuazioni), cioè il “fattore frattalico”, e dalla divisione di uno spazio ben definito di 12° sec., diviso in 4 segmenti, a loro volta suddivisi in 3 parti dalle normali oscillazioni : logn 4/logn 3 = 1,27 (lavorinella Bibliografia del mio sito)

Tuttavia, è possibile la previsione del comportamento di queste dinamiche, traiettorie o risoluzioni (iterazioni) di una equazione logistica, con il metodo probabilistico: se Xn rappresenta lo stato iniziale del sistema –  posizione e velocità  – al tempo n, è possibile calcolare gli stati successivi mediante iterazione della equazione logistica o quadratica:

Xn+1  =   Xn  l  ( 1 – Xn )

dove l, variabile, nel nostro caso particolare, corrisponde al valore della dimensione frattalica del sistema biologico indagato, per esempio il pancreas endocrino (64, 72, 78),calcolata sulla base dei valori delle oscillazioni  osservate in 120 sec., dato il concetto di autosomiglianza delle strutture frattaliche (Fig 1).

A dimostrazione della coerenza interna ed esterna della teoria semeiotico-biofisica sul caos deterministico, sta il fatto che il rapporto tra dimensione frattalica fisiologica (3,81) e i numerosi valori della dimensionalità in caso di lenta evoluzione patologica (2,2 – 2,54) oscilla tra 1,5 e 1,73, cioè intorno alla media di 1,61, sezione aurea, presente nel frontale del Partenone, nel vaso etrusco di Francois e nel rapporto tra i numeri di Fibonacci, Leonardo da Pisa (XII-XIII  secolo), un insieme costituito sulla base di:

An+1  =  An+An-1

dove A = 0 ed A1 = 1 . (0,1,1,2,3,5,8,13,21,34,55).

A questo punto, un esempio illustra i concetti sopra riferiti e sui quali, ovviamente, ritorneremo con dettagliate informazioni in seguito: sul piano macroscopico, nel sano, i diametri pancratici oscillano 6 volte al minuto (in pratica, il margine inferiore del pancreas, a partire dal valore basale, si abbassa in 1 sec., il pancreas rimane congestionato per 5 sec e con intensità variabile da 0,5 a 1,5 cm.., quindi, ritorna al livello iniziale, si decongestiona e, finalmente, raggiunge il suo valore di partenza) con un periodo compreso tra 9 e 12 sec. Se riportiamo sopra un sistema di assi cartesiani  i valori di queste fluttuazioni – sull’ascissa  il periodo in secondi e sull’ordinata le modificazioni volumetriche in cm. – otteniamo un interessante diagramma pancreatico o “pancreogramma” e il relativo tacogramma.

Le massime oscillazioni, sia a livello macro- che micro-scopico, sempre precedute da due fluttuazioni minori e di intensità variabile, definite highest spikes (HS), sono distanziate le une dalle altre di 25 sec..

Durante le HS tutte le AVA, funzionalmente intese, sono disattivate con conseguente massimo flusso ematico nei locali capillari nutrizionali, a conferma della ben nota fisiologica disomogeneità temporale della microcircolazione, corroborata con la Semeiotica Biofisica mediante ripetute e ravvicinate valutazioni del pH locale (= tempo di latenza del riflesso ciecale) (lavori citati).

A questo proposito, appare interessante il fatto che, fisiologicamente le HS sono precedute dal periodo di maggiore lunghezza – 12 sec. – durante il quale verosimilmente le cellule muscolari liscie possono polimerizzarsi al massimo e sintetizzare la più elevata quantità di nucleotidi fosforilati – ATP – che determinano il livello di energia libera endocellulare.

In caso di patologia “acuta”, le oscillazioni sono tutte HS e la dimensionalità si riduce,  a causa della maggiore “regolarità” del diagramma e del rispettivo tachogramma. Pertanto, il comportamente altamente oscillatorio di un sistema biologico indica un flusso ematico fisiologico a seguito di una normale vasomotility, vasomotion, flowmotion, fluxmotion e, quindi, di una fisiologica regolazione, locale e a distanza, della microcircolazione con conseguente normale pH tessutale, O2 istangico e Riserva Funzionale Microcircolatoria (RFM), come consente di affermare la Semeiotica Biofisica.

A questo punto occorre ricordare quanto accennato sopra, cioè che anche il contenuto liquido interstiziale, dal punto di vista semeiotico-biofisico valutabile come riflesso ureterale “in toto”, che si attua in due tempi di 3 sec. ciascuno, a partire dalla stimolazione pressoria lieve, diretta o indiretta tramite i relativi trigger-points (V. avanti), fisiologicamente fluttua in modo caotico deterministico in relazione con la locale vasomotility e vasomotion, che lo producono. Infatti, la vasomotion è espressione della propagazione fino nei capillari e venule dell’onda sfigmica, causata dalla attività motoria, autonoma e autoctona, delle piccole arterie e arteriole o sphygmicity: 6 fluttuazioni al minuto con riduzione di calibro arteriolare del 100% e periodi fisiologicamente compresi tra 9 e 12 sec. ed una intensità, valutata come entità del riflesso ureterale medio, variabile tra 0,5 e 1,5 cm.. La Semeiotica Biofisica, pertanto, corrobora quanto affermato autorevolmente dal mio Maestro di Microcircolazione-Microangiologia, S.B.Curri.

Appare utile, ed interessante per la Microangiologia Clinica, esaminare le seguenti evidenze semeiotico-biofisico-quantistiche:

1) Nella cute e/o mucose prive di arteriole, per esempio nel labbro inferiore, guancia, regione pre-rotulea e glande, la vasomotion è assente. Al contrario, nelle macchie di Campbell de Morgan, che sono praticamente sprovviste di capillari, è presente soltanto la vasomotility. Tuttavia, la ritmica pressione su queste aree provoca le ritmiche oscillazioni (HS) del riflesso ureterale inferiore (capillari) e di quello coledocico (arteriole-venule), con 6 cicli al minuto indipendentemente dalla velocità della ritmica pressione. Tuttavia, la intensità appare massimale quando il ritmo della pressione aumenta: HS.

2) Durante pressione digitale “intensa” (= Ava chiuse) nel test della pressione differenziale (= prima si esercita una pressione “lieve”, per esempio, sopra un polpastrello digitale o un determinato trigger-point, e, successivamente, una pressione “intensa”) dopo appena 1 sec. la vasomotility locale è intensificata con oscillazioni massime ed uguali (HS) e, dopo 2 sec.( tempo relativo alla metodica), anche la vasomotion si intensifica: il riflesso ureterale inferiore oscilla massimamente con intensità di 1,5 cm.: HS. Accanto a questo fatto, appare interessante osservare che, se la pressione digitale da “intensa” diventa rapidamente “lieve-moderata”, prima (tl = 1 sec.) si normalizza la vasomotility e, poi (tl = 2 sec.), anche la vasomotion ripresenta il fisiologico caos deterministico di base. Ci rendiamo conto che al lettore non completamente esperto nella originale semeiotica fisica i termini “lieve”, “moderata” e “intensa” suonino sospetti di mancata scientificità; in realtà, usiamo questi termini per evitarne altri certamente scientifci,  ma ostici: la intensità di uno stimolo, applicato al microcircolo, è da noi realmente valutata sulla base del comportamento dei dispositivi di blocco endoarteriolari (DEB) e/o delle anastomosi arterio-venulari (AVA) tipo II, gruppo B, secondo Bucciante.

3) La pressione sopra l’arteria omerale, con parziale occlusione del vaso, mentre il soggetto da esaminare preme “dolcemente” il polpastrello dell’indice omolaterale contro quello del pollice, dopo un tl di 2 sec. provoca aumento, statisticamente significativo, della vasomotility e, dopo tl di 4 sec., incremento netto anche della vasomotion locale; inentrambi i casi le fluttuazioni sono massimali, cioè HS. Interrotta la pressione sopra l’arteria omerale, in un primo tempo ritorna normale la vasomotility e, dopo tl di 2 sec., si normalizza la vasomotion.

4) La pressione digitale, applicata sopra i vasi linfatici superficiali della regione superiore ed interna del braccio (= pressione “lieve”), dopo tl 3 sec. provoca distalmente ingorgo interstiziale (= riflesso ureterale “in toto”); successivamente, dopo tl  4 sec., aumenta la vasomotility e dopo 6 sec. si intensifica la vasomotion. Nonostante il persistere della pressione digitale, dopo tl 7-8 sec., l’ingorgo interstiziale scompare e ritorna normale l’attività motoria della unità microvascolotessutale. A questo punto si interrompe l’ostacolo al deflusso linfatico.

Queste osservazioni semeiotico-biofisiche corroborano le nostre attuali conoscenze sulla regolazione della formazione e del contenuto liquido interstiziale. Ritorneremo su questo interessante argomento quando illustreremo la Semeiotica Biofisica Endocrinologica, anticipando che, in una ghiandola in fase di secrezione, l’interstizio, solitamente minimo nella fase di riposo, aumenta di volume, espressione di attività, contrariamente a quanto sostenuto da S.B.Curri a proposito, però, del tessuto adiposo della ghiandola mammaria.

A parte il vero meccanismo d’azione ormonale, da me dimostrato essere di duplice natura (Stagnaro Sergio e Paolo Manzelli. Semeiotica Biofisica Endocrinologica: Meccanica Quantistica e Meccanismi d’Azione Ormonali. Dicembre 2007, www.fce.ithttp://www.fcenews.it/index.php?option=com_content&task=view&id=816&Itemid=45), la cessione di ormoni al sangue  si svolga più agevolmente se l’ormone è “diluito” opportunamente. Al contrario, in parenchimi in fase di intenso assorbimento, come il fegato, il muscolo scheletrico ed il tessuto adiposo nell’absorptive state, l’interstizio è minimo.    Questi fatti, che discuterò dettagliatamente in prossimi articoli, hanno dimostrato di possedere una positiva influenza sulla diagnosi e sulla ricerca clinica.

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